I luoghi della memoria e dell'ispirazione nella letteratura di Mario Rigoni Stern
Home > ARCHIVIO > I luoghi della memoria e dell'ispirazione nella letteratura di Mario Rigoni Stern
25 Novembre 2006
Mario Rigoni Stern ha voluto attorno a sé i suoi traduttori per il convegno organizzato in occasione del suo 85° compleanno. Nato ad Asiago il 1 novembre 1921, questa mattina mattina (sabato 25 novembre) lo scrittore ha “festeggiato” con un incontro aperto al pubblico nella sala Grillo Parlante di Asiago.
Sul palco c'erano i traduttori Marie-Élène Angelini (versioni francesi), Sabina e Claude Ambroise (versioni francesi), Keiko e Hiroto Koga (versioni giapponesi), Lella e Arno Baehr (versione israeliana), e i relatori Giorgio Bertone, ordinario di Letteratura italiana contemporanea all'Università degli Studi di Genova, Eraldo Affinati, curatore Meridiano Mondadori, e Folco Portinari, curatore de I Racconti di guerra.
Assente il presidente della Regione Veneto Giancarlo Galan, impegnato sulla questione di Porto Marghera, ha portato il saluto della Regione Angelo Tabaro, segretario alla cultura. “La ricchezza della cultura locale espressa da Rigoni Stern – ha detto Tabaro – non è mai a sfondo localistico, ma è una porta che si apre al mondo”, e ha concluso: “Mario Rigoni Stern fa onore al Veneto, è giusto che il Veneto gli renda onore”.
“Mario Rigoni Stern non va relegato al ruolo di nostalgico dei bei tempi andati – ha ammonito Giorgio Bertone – ma è attuale il messaggio che deriva da un suo tratto fondamentale: l'aver cura, come diceva Heidegger. Mario Rigoni Stern aveva cura dei suoi commilitoni in guerra e ha cura del suo ambiente”. Sempre rifacendosi ad Heidegger (abitare = aver cura) Bertone ha inoltre approfondito il ruolo della casa (la baita, nei suoi libri)nei suoi vari aspetti (la casa reale e la casa sognata).
“Dai libri di Stern – ha detto Eraldo Affinati – si apprende il concetto della responsabilità. Non quella giuridica, ma quella che ogni uomo dovrebbe avvertire quando sente su di lui lo sguardo di un altro uomo”. Affinati ha letto la toccante e affettuosa lettera di un suo studente quindicenne moldavo, rimasto colpito dal libro “Ritorno sul Don” di Stern. Il ragazzo spiegava che suo nonno e quello di un suo amico italiano avevano combrattuto la stessa guerra ma su fronti opposti. Ieri la guerra, oggi l'amicizia.
Folco Portinari ha dedicato a Stern una lunga fila di ringraziamenti: “Mario Rigoni Stern è vivo e vegeto, dunque questa non è una commemorazione ma un'occasione per dirgli grazie: grazie per esserci, per i libri che hai scritto, per le lezioni di stile (ci insegni che scrivere è togliere, non aggiungere), grazie per avermi insegnato che la rettitudine è più importante dell'intelligenza”.
Un fuori programma ha preceduto gli interventi dei traduttori: Dalia Oggero, editor della casa editrice Einaudi, ha presentato il prossimo libro di Mario Rigoni Stern, che si intitola “Stagioni” e che sarà in libreria dal 5 dicembre.
È stata dunque la volta dei traduttori, a cominciare da Marie-Élène Angelini: “Mario Rigoni Stern ha insegnato ai miei studenti universitari, segnando le loro giovani vite, come un uomo abbia potuto rimanere un uomo pur attraversando gli orrori della guerra. La sua testimonianza fa credere ancora, nonostante tutto, nell'uomo”.
“Il lavoro del traduttore - ha spiegato Claude Ambroise – è come quello del restauratore: sempre deludente. Perchè dunque ha un senso anche per noi l'opera di Mario Rigoni Stern? Perchè l'Europa è fatta di milioni di famiglie, in ognuna delle quali si può raccontare la storia di un soldato morto in guerra”.
“Le opere di Stern – hanno spiegato Hiroto e Keiko Koga – sono lì a farci capire che l'uomo è parte della natura e che il resto della natura, gli alberi e gli animali, c'erano prima di noi”.
“Stern è un narratore – ha detto Keiko Koga – cioè uno che racconta e che tramanda, come Nuto Revelli e Primo Levi”. Keiko Koga ha sottolineato come una parola chiave dei libri di Stern, cioè “compaesano”, pur non potendosi tradurre in giapponese ha un suono bellissimo e un significato straordinario: “In questo mondo siamo tutti compaesani”.
La traduttrice ha inoltre dato notizia della prossima pubblicazione in giapponese anche di un altro libro di Stern, “Arboreto selvatico”.
Il traduttore di Stern in lingua ebraica, Arno Baehr, ha elencato le ragioni per cui lui e la moglie hanno deciso di tradurre Storia di Tönle: “La prima ragione è che Tönle voleva tornare a casa ma la sua casa era distrutta dalla guerra: come Mosè vedeva la Terra promessa ma non vi arrivò; la seconda ragione è che vogliamo che gli israeliani capiscano cos'è davvero un bosco: in Israele ci sono foreste ma sono molto giovani e non ricche di animali e di misteri come quelle dell'Altopiano; la terza ragione è la guerra: quella di Tönle, la prima guerra mondiale, ha avuto un inizio e una fine, mentre noi israeliani siamo in guerra da sessant'anni e non ne vediamo mai la fine”.
Infine è stata la volta di Mario Rigoni Stern, con la voce rotta dalla commozione per un biglietto d'auguri giuntogli proprio in quel momento da parte di Lucia, moglie di Primo Levi che di Stern fu grande amico.
Mario Rigoni Stern ha ringraziato il Comune di Asiago e la Regione Veneto che hanno reso possibile il convegno e dunque l'incontro con i suoi traduttori; ha ringraziato “i compaesani, i familiari che sopportano i miei malumori quando lavoro a un libro; Giulio Einaudi che amava la nostra terra; Primo Levi, Nuto Revelli e Natalia Ginzburg che con me sono rimasti fedeli al nostro editore mentre altri lo abbandonavano; Elio Vittorini e il nostro concittadino Giovanni Paganin Raset che nel 1948 gli portò il mio manoscritto sulla ritirata di Russia”.
Mario Rigoni Stern ha ripercorso alcune delle lettere che gli sono giunte fino ad oggi da quando pubblicò “Il sergente nella neve”, nel 1953.
“Ho più ricordi che se avessi mille anni” ha commentato Stern citando Baudelaire. E fra tutti questi ricordi lo scrittore asiaghese ne ha scelto uno per concludere il suo intervento: quello di una bambina in passeggiata con le compagne di scuola elementare, che passando vicino alla casa dello scrittore lo scorse mentre zappava la terra delle patate. “La bambina si staccò dal gruppo è venne verso di me, guardandomi in silenzio. Improvvisamente mi disse: mi mostri le tue mani? Sono ancora tanto rovinate? Io mi tolsi i guanti da lavoro, lei prese le mie mani fra le sue e le baciò. Perchè fai questo? Le chiesi stupito. Lei mi rispose: perchè le tue mani avevano tanto freddo e hanno scritto un libro che adesso stiamo leggendo. E corse via per raggiungere le sue compagne. Non c'era nessuno spettatore, ed è stato il più bel riconoscimento che scrittore abbia mai avuto. Per i miei 85 anni vi lascio con questo ricordo”.
Dopo il fiume di applausi scaturito in sala, lo scrittore ha aggiunto: “Ottantacinque anni non sono pochi. A volte ho creduto di non farcela, e non solo quando ero in guerra, quando da ragazzo scalavo le montagne o quando cadevo sfinito sulla neve o quando mi prendevano di mira. Sono stato molto fortunato, lo devo dire, e devo riconoscenza alla vita. I miei dicono che quando scrivo divento irascibile, ma se avrò forza e voglia scriverò ancora. Grazie!”.